No Products in the Cart
Nella prima parte di questo approfondimento andremo a capire quali sono i numeri che ruotano attorno al fenomeno delle mine antiuomo a livello globale, con una particolare attenzione al Laos. Successivamente, con la testimonianza diretta di Massimo Moriconi, founder di No War Factory, cercheremo di capire in che modo portare un aiuto concreto alle comunità locali martoriate da questa piaga.
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Il Laos possiede circa 80 milioni di bombe inesplose. L’Afghanistan è uno dei paesi più martoriati, con stime del 2022 che indicano la presenza di oltre 18 milioni di mine. In Cambogia, dall'epoca del regime degli Khmer rossi, restano 4-6 milioni di mine ancora inesplose, così come in Angola, dai tempi della guerra civile terminata negli anni '90.
Nel 1893, il Laos divenne un protettorato francese, e rimase tale fino all'indipendenza nel 1953. Dopo l'indipendenza, il paese visse un periodo di instabilità politica e di conflitto interno. Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti condussero intensi bombardamenti sul Laos e minarono ampiamente il territorio. Si stima che oggi in Laos ci siano ancora oltre 80 milioni di bombe inesplose, il che ne fa uno dei paesi con la più alta densità di ordigni inesplosi al mondo. Queste mine continuano a provocare molte vittime tra i civili laotiani.
Ancor oggi, tra belle cascate e passeggiate tra le placide strade di Luang Prabang, una visita breve all’UXO Lao Visitor Center vi aprirà gli occhi sulla terribile storia laotiana. Tra gli anni 1964 e 1973, gli Stati Uniti hanno sganciato oltre 2 milioni di tonnellate di ordigni esplosivi su queste terre, tanto da essere soprannominate Land of Mine o Mine Land. Più di 270 milioni di sub-munizioni (bombe) ricavate da bombe a grappolo sono arrivate sul Laos. Di queste, circa 80 milioni non sono esplose. Da allora circa 50.000 civili laotiani sono stati uccisi o sono rimasti mutilati da incidenti UXO (ordigni inesplosi), almeno 20.000 persone dalla fine della guerra nel 1973. La metà delle vittime sono bambini deceduti a causa di mine anti bambini sotto forma di mina giocattolo. L’Italia da canto suo è stata ed è tuttora uno dei più grossi produttori di mine antiuomo e mine anticarro dai tempi della prima guerra mondiale.
Forti dell’esperienza accumulata nella realizzazione di progetti umanitari nel sud-est asiatico, nel 2017 Massimo Moriconi e Serena Bacherotti, due giovani toscani, si avvicinano alla popolazione dei villaggi della Piana delle Giare in Laos, una delle più colpite. Qui già si producono utensili di uso comune riciclando l’alluminio ricavato dagli scarti degli ordigni. È così che prende vita il progetto No War Factory. I rottami di bombe in alluminio che vengono utilizzati derivano da esplosioni in tempo di guerra o da più recenti detonazioni controllate da professionisti della rimozione di bombe. Come il Mines Advisory Group (MAG), un’organizzazione non governativa che assiste le persone colpite da mine terrestri, mine a farfalla, mine antiuomo, ordigni inesplosi, armi leggere e di piccolo calibro. O Apopo, una ONG belga che addestra in Tanzania ratti giganti per bonifica di terreni coperti da mine antiuomo. L’idea di Massimo e Serena è quella di studiare il meccanismo di riciclo e convincere gli artigiani laotiani a realizzare stampi per creare monili, collane, collanine, bracciali, orecchini. Nasce il marchio No War Factory, nascono le prime collezioni di oggetti di alta bigiotteria artigianale.
No War Factory acquista i manufatti direttamente dagli artigiani e dalle artigiane laotiane, contribuendo quindi allo sviluppo economico dei villaggi. Gli artigiani recuperano il materiale da fonderie locali che ricevono il metallo da famiglie che possiedono proprietà in cui il metallo è stato demolito professionalmente. Con una tecnica chiamata a staffa, ovvero per mezzo di semplici stampi in argilla entro cui viene colato l’alluminio fuso, si producono i monili. I gioielli in alluminio, un materiale ipoallergenico e nichel free, vengono venduti online attraverso l'e-commerce. No War Factory oltre ad operare in Laos svolge buona parte del suo lavoro anche in Cambogia, dove il rischio mine inesplose è molto elevato, e commercializza gioielli ricavati da bossoli in ottone derivanti dall’occupazione Khmer degli anni ‘70 con l’associazione Craftworks Cambodia.
Per aiutare le popolazioni laotiane martoriate dalle mine, oltre ad acquistare un articolo nel negozio online di Nowarfactory.com, si può sostenere l'associazione no profit “Sons of Mine”. Massimo e Serena, insieme ad amici, medici e volontari, ogni anno raccolgono donazioni con un obiettivo di aiuto concreto per le famiglie dei villaggi rurali.
“In questi anni abbiamo costruito una scuola con sanitari nel villaggio di Katang Xieng in collaborazione con altre associazioni internazionali. Ogni anno cerchiamo di realizzare progetti di approvvigionamento di acqua potabile per le famiglie dei villaggi più poveri, attraverso l'acquisto e la distribuzione di filtri per la potabilizzazione dell'acqua.
Tutto è cominciato nel 2018, nella cittadina di Phonsavan in Laos, abbiamo incontrato i membri di questo distretto dell'associazione UXO Lao per la prevenzione e la formazione contro i pericoli dei residuati bellici. Abbiamo trascorso un'intera giornata insieme a loro, ci hanno fatto vedere filmati sulla preparazione dello staff e sull'istruzione che davano agli abitanti dei villaggi rurali rispetto alla pericolosità degli ordigni inesplosi. Poi siamo andati con loro sul luogo di lavoro: un appezzamento di terra da scandagliare con i metal detector per individuare gli ordigni, per poi collegarli tra loro e farli brillare”, dichiara Massimo.
La quantità di cluster bomb inesplose in quel terreno era enorme: un ordigno ogni sei metri quadrati. Siamo rimasti scioccati da quell’esperienza ed abbiamo voluto approfondire circa la pericolosità di questi ordigni. Al villaggio di Ban Maphia, dove No War Factory collabora con gli artigiani per la realizzazione dei monili da vendere, abbiamo intervistato uno di essi che era rimasto ferito da un esplosione. Quando aveva circa 13 anni era andato a giocare con i suoi amici ed il maestro nel bosco. Uno dei bambini aveva trovato quella che pensava essere solamente una palla di metallo e aveva preso a giocarci tirandola in aria e riprendendola al volo. Quando il maestro se ne era accorto ormai era troppo tardi: la cluster esplose andando in mille pezzi e uccidendo tutti sul posto, tutti tranne uno. Il bambino gravemente ferito riuscì a trascinarsi verso il villaggio prima di svenire. Fu trasportato all'ospedale più vicino dove, i medici, riuscirono a salvargli la vita. Ma ancora oggi porta i segni di quella devastante esplosione: il suo viso è sfregiato e nel suo corpo ci sono ancora i pezzi di schegge di metallo che i dottori non sono riusciti a rimuovere”, continua Massimo.
Gli effetti delle mine antiuomo sulle comunità locali sono catastrofici. Le mine impediscono alle persone di accedere alle risorse vitali come l'acqua, il cibo e i servizi sanitari. Inoltre, le mine limitano la libertà di movimento delle persone, impedendo loro di andare a scuola, al lavoro o di visitare i propri cari. Le mine antiuomo sono una piaga che continua a mietere vittime innocenti in tutto il mondo. Negli ultimi anni, ci sono stati importanti progressi nella lotta contro le mine antiuomo. Il Trattato di Ottawa del 1997 ha bandito l'uso, la produzione, lo stoccaggio e la vendita di mine antiuomo. Attualmente, ci sono 164 paesi che hanno ratificato il trattato. Tuttavia, ci sono ancora paesi che non hanno aderito al trattato o che continuano a produrre mine antiuomo.
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